Il ministro dell’Ambiente, Corrado Clini ha presentato al Comitato interministeriale per la programmazione economica (Cipe) il Piano per la riduzione delle emissioni al 2020 per l’Italia, incardinato negli obblighi europei e nella strategia Ue al 2050.
Le misure, presentate in forma di delibera al Cipe e illustrate dal ministro nel corso della riunione del Mef a Roma, prevedono l’istituzione di un catalogo di tecnologie, sistemi e prodotti per decarbonizzare l’economia italiana; l’introduzione della carbon tax (risorse a potenziamento del Fondo per Kyoto); l’efficientamento energetico, la generazione distribuita e lo sviluppo di reti intelligenti per ‘smart cities’; l’eco-edilizia ed estensione fino al 2020 del credito di imposta (55%) per investimenti a bassa CO2 in economia; infine la gestione del patrimonio forestale sia come serbatoi di cattura della CO2 sia per la produzione di biomassa e biocombustibili.
Obiettivi, questi, “che si sposano con l’ innovazione tecnologica – ha spiegato Clini – con il cambio delle filiere di produzione e che, peraltro, mettono l’ economia europea in grado di competere con l’ economia degli Stati Uniti, dell’ India, della Cina e del Brasile, che stanno investendo tantissimo nelle nuove tecnologie a basso contenuto di carbonio”.
Le proposte rientrano nell’ ambito del Piano nazionale per la riduzione delle emissioni di anidride carbonica e degli altri gas serra per il rispetto, da parte dell’ Italia, del pacchetto Ue clima energia (20-20-20).
Il mio commento alla news è sicuramente positivo, in attesa di che il provvedimento approvato dal CIPE che dovrà verificarne la fattibilità sul piano finanziario.
Prima di guardare al 2020 è forse utile notare come, a causa del mancato raggiungimento degli obiettivi di Kyoto 2008-2012 (art.1 della delibera), l’Italia sarà costretta ad acquistare sul mercato internazionale del carbonio un totale di 123,8 Mt CO2eq (AAUs, CERs, o ERUs), dopo che, tramite l’Italian Carbon Fund istituito presso la World Bank ne ha già acquistati 10 Mt (milioni di tonnellate) negli anni passati. Al prezzo attuale di circa 4 € per ogni credito, la spesa ammonta a circa 495 milioni di euro, sempre che da oggi al giorno in cui verrà deciso cosa acquistare (art.1: entro il 30 novembre 2013) i prezzi non siano variati. Una bella somma che forse poteva essere spesa in investimenti in efficienza energetica nel nostro Paese che ci avrebbero portato a raggiungere gli stessi risultati portando soldi alle nostre imprese. Se solo si fosse creduto un po’ di più in questo obiettivo. Ma guardare agli errori del passato serve soprattutto a non ripeterli in futuro: abbiamo di fronte un secondo periodo di Kyoto, e la delibera CIPE si preoccupa giustamente di iniziare a pianificare strumenti e politiche per raggiungere, stavolta, gli obiettivi indicati dall’Unione Europea e dagli accordi internazionali.
Interessanti e da approfondire le proposte contenute nel piano, come ad esempio la predisposizione di un catalogo delle tecnologie ‘abilitanti’, di stimolo all’innovazione, ricerca e sviluppo, che godranno del diritto di accesso al fondo per Kyoto e alla riduzione del 55% dell’IVA sull’acquisto delle tecnologie dei sistemi e dei prodotti stessi. L’estensione al 2020 delle detrazioni al 55% per gli investimenti in efficienza energetica negli edifici, darebbe stabilità ad un meccanismo che ha dato importanti risultati sia sul piano ambientale che su quello dell’economia e dell’impiego. L’estensione del meccanismo dei certificati bianchi al periodo 2013-2020, che possa sostenere le nuove ESCO e gli investimenti in efficienza energetica industriale e nei trasporti.
Al di là dei doverosi approfondimenti, il sollievo di avere, dopo dieci anni (l’ultimo documento che definiva una strategia per l’Italia per la riduzione delle emissioni è, di fatto, la delibera CIPE del 2002), finalmente qualcosa da discutere e commentare, e un inizio di quadro strategico di riferimento in cui l’economia green, incrociando le dita, possa finalmente iniziare a essere considerata una risorsa e non un fenomeno da contrastare.
Mauro Roglieri.
Caro Mauro, ottima sintesi, le occasioni perse fanno riflettere. Una strategia chiara, stabile e mirata alla sostenibilità, mai come oggi, è impellente. Ormai non serve più cercare evidenze di quanto economia, società e ambiente siano inscindibili. È un fatto. Così come la relazione positiva tra sostenibilità e innovazione. Concordo con te, apprendere dagli errori vuol dire guardare avanti.
Finalemnete un segnale importante anche in Italia, una posizione definita che mostra l’intenzione del nostro paese di contribuire seriamente agli obiettivi definiti dalla comunita internazionale (UNFCCC e Kyoto) e dai piani Europei sulla decarbonizzazione del settore economico.
Vivendo all’estero, e francamente frustrante vedere quanto tempo e stato perso e come il problema energetico e dei cambiamenti climatici sia rimasto a lungo ai margini dell’agenda politica degli ultimi anni (se mai ce n’e stata una!).
Non si capisce perche, in un paese come il nostro che importa dall’estero virtualmente l’intero fabbisogno di energia primaria, la classe dirigenziale non sia stata in grado di sviluppare una strategia decisa volta ad aumentare l’uso delle risorse naturali a disposizione (sole, vento, geotermia etc.) e ridurre la dipendenza da idrocarburi.
Un’azione in questo senso, volta a ridurre le emissioni di CO2 e di altri gas ad effetto serra, puo creare importanti opportunita economche che darebbero slancio all’economia in generale e ridarebbero credibilita la nostro paese in ambito Europeo, dove l’Italia ormai da anni non e piu in grado di giocare un ruolo determinante.